Monday, June 26, 2006

Il Cavaliere e lo Scudiero.


C’era una volta, tanto e tanto tempo fa, un ragazzino. Aveva una folta zazzera scompigliata e tagliata corta, il volto perennemente imbrattato di terriccio e un continuo moccio al naso.

Viveva rusticamente: sua dimora era il profondo della foresta, dove si arrampicava sugli alberi restandovi a lungo di vedetta, scrutando il cielo, il volo degli uccelli, l’incessante mutare delle nubi.

Si cibava di ciò che la Natura spontaneamente gli offriva: bacche e frutti boschivi, il nettare delle violette e l’ambrosia dell’acacia, e con le mani a coppa si dissetava dalle sorgive acque che scaturivano da una roccia ascosa.

Suo rifugio dalle intemperie era una buia grotta, e non calor di foco ne’panni( laceri e sporchi erano i miseri panni che indossava) ma solo l’interna fiamma e il calore di una mente ardente rendevano confortevoli il suo riposo.

Un giorno, nel profondo intrico del bosco, si addentrò un cavaliere: e visto il fanciullo, mosso a compassione dal miserevole stato di questi, lo issò sul suo destriero.

Il ragazzo acconsentì di buon grado a divenire il suo scudiero: strigliava il cavallo, gli procurava la biada, e mentre il suo signore dormiva gli lucidava l’argentea armatura fino ad assopirsi, esausto, in un cantuccio ai piedi del letto in cui riposava il suo signore.

Intanto scoppia la guerra col paese vicino: e il cavaliere, chiamato al mestiere delle armi, si prepara alla battaglia, scortato dal fedele scudiero.

Divampa la pugna: daghe, fendenti, volar di frecce. Lo scudiero, che anche sul campo insanguinato segue il suo signore, s’avvede di una freccia a lui diretta: e tosto s’interpone.

Il cavaliere, sgomento, fa per estrarre la freccia dal petto e solo allora s’avvede che è lordo di sangue non il petto di un uomo ma il seno virginale di una fanciulla!

“Tu m’hai accolto, e preso con te, quand’ero un essere selvatico. Hai destato in me l’amore: ecco, prendi la mia vita che t’offro al posto della tua, che m’e’ più cara ancora!”

Cosi’ dicendo mori’.

Il cavaliere, che mai a quel momento aveva provato amore, impietrì ancor di più il suo cuore, perché non s’era avveduto di quel che aveva accanto, e nemmeno perdendolo il dolore scalfì il suo cuore.

Ma l’anima del ragazzo, divenuta errabonda, permeò il luogo ove egli aveva vissuto: e ancor oggi chi si china a bere l’acqua della fonte del moccioso un femmineo spirito acquisisce, sotto le mentite spoglie di un fanciullo cencioso.

1 Comments:

Blogger Paolo-Ryo said...

Ciao Maria Teresa,
Scusa se ho usato questo post per contattarti, ma non ho trovato la tua mail e alla fine era il solo modo per scriverti. Se non è un caso di omonimia credo che tu sia la stessa compagna di classe che conoscevo alle medie (alla Giuseppe Mazzini) e ho pensato così di ricontattarti. Una volta ci siamo rivisti per caso ad una proiezione al “Marchio giallo”, un negozio di fumetti di Roma, ma ho fatto la sciocchezza di non riprendere i contatti pur tenendoci molto. Vedo che come me mantieni le stesse passioni (manga e psicologia ad esempio), di questo ne sono felice. Avrei tante cose da scriverti, ma è un blog pubblico e se dovessi aver sbagliato persona magari continuo anche a fare una gaffe più grande dell’altra. Mi raccomando… non cambiare mai e continua a coltivare le tue grandissime passioni che sia la Maria Teresa che conoscevo o meno. Se vuoi dimmi tu un modo per scriverti o scusami comunque per il disturbo.

9:21 AM  

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