NOA, UN MAGICO DIARIO!
(Romanzo per Bambini)
di Maria Teresa Magliozzi
(in arte Virgoletta)
Capitolo 1
Come arrivai sulla Terra
Ciao a tutti! Sono Noa… COSA sono,
direte voi. Al momento ho l’aspetto di un globo di luce, ma… posso assumere
qualsiasi forma io voglia, come vedrete poi. Dopo aver viaggiato per anni
nell’Iperspazio alla velocità della luce, mi sono avvicinata alla vostra
galassia… rimanendo colpita dalla vostra Terra.
“È identica alla mia palla azzurra”, è la prima cosa che mi è venuta in mente
quando l’ho vista. Mi sono avvicinata un po’, e ho notato uno strano paese a
forma di stivale: “È proprio come uno dei miei stivaletti! Voglio proprio
vederla da vicino!”, ho pensato, e in men che non si dica mi sono avvicinata al
suo Centro.
C’era una bellissima città, sfavillante di mille luci… con un buffissimo
monumento. “È proprio come il mio anellino traforato!”, ho pensato, “bene,
allora mi stabilirò qui!”.
In un lampo, assunsi una forma umana: di ragazzina tredicenne o poco più, dai
capelli color arancio, ricci e corti, occhi verdolini e un buffo neo sulla
guancia sinistra a forma di cuore.
I miei abiti, direte voi? Cappello a punta di feltro color blu con una fascia
nera, maglioncino collo alto mezze maniche color violetta, gonnellina ampia e
corta gialla e immancabili stivaletti beige… al collo, un amuleto d’ametista su
montatura d’argento con tante piccole pietre incastonate.
Creato il mio aspetto umano, occorreva crearmi una casa. Mi trovavo in un bel
parco, su un colle: con la mia magia mi fu facile tirar su un’abitazione e
convincere tutti gli abitanti dei dintorni che essa era sempre stata lì.
La mia casa ha la forma di un cono, anzi, di un cappello da strega; i
mattoncini color arancio le danno un bel colore vivace e inoltre ha un
comignolo e un ampio balcone col dondolo al primo piano.
Entrando c’è il salone col camino, con disposti ai suoi lati due divani a
semicerchio e al centro una pelle d’orso bianco (sintetica, ovviamente!) e da
un lato una tigre dall’aria bonaria (anch’essa finta, naturalmente). La cucina
ha un grande tavolo rotondo ed è dotata di tutti i comfort…
Per passare al piano di sopra si sale su per una grande scala a chiocciola con
al centro una pertica (per le discese rapide!). La mia camera ospita un enorme
letto a baldacchino a forma di cuore (mi piace dormire per obliquo, con la
testa ora da un lato ora dall’altro!) e tre finestre anch’esse a cuore.
C’è una bella sedia a dondolo smaltata di bianco, due comodini rotondi, un
capiente armadio e una scrivania composta di due pezzi, nera e fucsia: è un
rombo, se composta, mentre, divisa, forma due semiscrivanie con un angolo retto
e un lato ondulato.
Ho una libreria stracolma di classici per l’infanzia e di fumetti per ragazze made in Japan (la mia grande passione!).
Dove vivo abitualmente, nell’Iperspazio, arrivano le onde radio e quelle
televisive: mi faccio certe scorpacciate di cartoni giapponesi anni ’80! Le
storie di maghette sono le mie preferite: sono così simili a me…
E poi, sono così vicina all’Iperuranio, dove abitano le idee delle menti degli
scrittori, che ho fatto amicizia con tutti i personaggi creati dagli autori per
ragazzi: Jo e le Piccole Donne, Incompreso, PollyAnna col suo segreto, Sara
Piccola Principessa e tutti gli altri personaggi che popolano la vostra
immaginazione… Be’, io li ho conosciuti per davvero, e sono tutti amici miei!
Dove eravamo rimasti? Ah, il bagno: ha le mattonelle blu coi pesciolini rossi e
un’enorme vasca rotonda con l’idromassaggio ad acqua sulfurea (adoro l’acqua
sulfurea: mi fa sentire a casa!).
Questa è casa mia. Dimenticavo la soffitta: è su su, ha un abbaino e tutti gli
oggetti più inutili e più magici che voi possiate immaginare… Volete farci un
giro?
Capitolo 2
Vado a scuola!
Sapevo che una ragazza della mia età sarebbe dovuta andare a scuola. Avevo 13
anni terrestri, dunque… la classe che avrei dovuto frequentare era la terza
media.
Vicino alla casa che avevo creato dal nulla c’era la Scuola Media più
multietnica d’Italia… perciò, decisi di iscrivermi lì. Avrei avuto come
compagni di classe cinesi, pakistani, mussulmani, indiani… un concentrato di
mondo in una classe di 25 persone. Sarebbe stato bellissimo!
Non avrei avuto nessuna difficoltà, grazie alla magia, ad aggiungere il mio
nome nei registri… E così avrei potuto dedicarmi alla parte più divertente:
l’armamentario scolastico!
Come prima cosa creai un morbido e capiente zainetto rosso scarlatto, un
astuccio rigido coi disegni di Beatrix Potter per le penne e le matite,
quaderni ad anelli e blocchi con immagini della Natura e fogli da disegno
(adoro disegnare!).
Per quanto concerne i libri… avrei aspettato di leggere il programma per poi
materializzarli sulla mia scrivania!
Prima di cominciare la scuola, volevo esplorare un po’ i dintorni: rinunciai a
fare il giro sulla classica scopa volante (non volevo dare troppo nell’occhio)
e materializzai quindi una bici da donna nuova fiammante, con degli adesivi
prismatici per decorazione.
Feci così a bordo della mia bici, quel pomeriggio, un giro d’ispezione nel mio
nuovo quartiere, dando occhiate fugaci ai negozi cinesi, tutti con lo stesso
arredamento al loro interno, ai giardini di Piazza Vittorio, alle grandi chiese
di Santa Maria Maggiore e Santa Maria degli Angeli.
Mi piaceva gettare un colpo d’occhio alle vetrine colorate, e rubare qua e là
qualche idea… Che avrei poi potuto mettere in pratica nella tranquillità di
casa mia!
Arrivata a casa, mi adattai alle usanze locali (io mangio volentieri qualsiasi
cibo del mondo) preparandomi un bel piatto di spaghetti al pomodoro e pollo
arrosto con patatine fritte. Per dessert, niente di meglio di un budino al
cioccolato (io adoro i budini!) e una bella mela rossa...
Lavati i denti, e indossato il pigiama
fucsia a cuoricini rossi, preparai la cartella… ero pronta per il mio primo
giorno di scuola!
Dormii come un ghiro. Alle 7.00 in punto la sveglia-panda suonò e in men che
non si dica mi ero lavata, preparata ed avevo fatto colazione, mettendo la
merenda (una buona fetta di torta) in cartella.
La scuola era un po’ distante, ma decisi comunque di andare a piedi per
assaporare il tragitto… e dopo mezz’ora arrivai, giusto poco prima di sentire
il rintocco della campanella e di veder chiudere il portone.
“Su, su, ritardatari…” disse il custode. Io e una bambina dai corti capelli a
caschetto, dai lineamenti asiatici, ci affrettammo su per le scale. Sapevo che
la classe era la terza C… anche la bambina entrò con me.
C’era un unico banco
libero, il primo della fila centrale: ci sedemmo entrambe lì, io dal lato
finestra, lei dal lato porta.
“Ciao, io sono Lyn! Facciamo amicizia?”, mi disse. Io le strinsi la mano e… in
quel momento entrò la prof di Italiano: “Silenzio! Non tollero confusione! Si
comincia. Aprite l’Antologia a pagina 30…”.
Decisi che avrei rinviato i convenevoli all’ora di ricreazione. Lyn, cinese,
aveva tre fratelli e due sorelle, e viveva coi genitori sopra un piccolo
negozio di abbigliamento che avevano in gestione.
Parlava bene l’italiano, senza particolari inflessioni, ed aveva una bella voce
e una certa predisposizione per il canto. Le piaceva suonare il flauto, le
lezioni di Geografia e la Matematica…
E fu così che conobbi la mia prima, nuova amica!
Capitolo 3
Un nuovo amico
Oggi ho fatto amicizia con Rashid. Ha 13 anni ed è marocchino. La sua famiglia
vive da 10 anni in Italia ed ha una rosticceria dove preparano un kebab
buonissimo e dei felafel fantastici (me li ha fatti assaggiare a ricreazione:
il primo è una specie di panino con carne, pomodori, insalata e una salsina
piccante, i secondi sono delle squisite polpette di ceci).
Rashid vuole studiare per diventare ingegnere dell’ambiente e del territorio.
Ha una collezione di pietre di tutti i tipi (va pazzo per la Geologia) e ha
anche uno splendido erbario. Conosce (quasi) tutti i nomi di piante!
Ha un fratellino più piccolo, Bilal, che ha 5 anni, e spesso si deve occupare
di lui quando i genitori sono impegnati con la rosticceria.
Abbiamo fatto amicizia durante l’ora di Matematica: c’era un polinomio di
difficile risoluzione, mordicchiavo nervosamente la penna e d’un tratto… Puff!
Un bigliettino con la soluzione esatta mi è piombato sul banco.
Mi sono girata e… tre banchi dietro c’era un morettino tutto ricci che mi
faceva l’occhiolino e che mi sorrideva.
“Grazie, mi hai salvato la vita!”, gli dissi all’ora di ricreazione.
“Se non
fosse stato per te, la prof mi avrebbe rifilato una bella insufficienza…”. “Oh,
non è nulla”, disse lui facendo spallucce.
“È che per me i polinomi sono
semplicissimi, basta imparare a conoscerli e farseli amici… Se vuoi, dopo te li
spiego, all’ora di buco!”. “Siii!”, accettai entusiasticamente. A scuola invece
io brillo in Italiano (mi piace molto scrivere: con tutti i libri che leggo è
il minimo, no?), Storia, Scienze ed Educazione Artistica.
Mi piace molto anche Educazione Fisica, e soprattutto pallavolo… Anche se la
mia specialità è arrampicarmi sulla pertica!
Rashid se la cava piuttosto bene in Matematica ed Educazione Musicale. È forte
in Inglese ed ha una passione per il Teatro… attività che svolgiamo una volta
al mese, per una settimana, assieme ad altre attività extracurricolari come Giornalismo,
Ceramica, Fotografia, Arti Marziali.
Inutile dire che Lyn è bravissima in quest’ultima attività! Lei pratica tutte
le mattine alle 6, nei giardini di Piazza Vittorio, un’ora di Tai Chi con la
spada. A me invece piacciono molto gli esercizi di Yoga… li trovo molto
meditativi, e poi mi piace assumere posizioni strane come l’Aratro o la
Candela!
Devo dire che nel complesso la scuola mi piace. Basta essere molto attenta a
lezione, e prendere appunti… e poi, nel pomeriggio, studiare diviene enormemente
più facile!
Io rileggo le cose da studiare per tre volte: la prima afferro il concetto in
generale, la seconda sottolineo le frasi chiave, la terza rileggo facendo
particolare attenzione a focalizzare i concetti sottolineati… che s’imprimono
così in maniera indelebile nella mia mente.
Diciamo che la Matematica è la mia bestia nera… ma se c’è Rashid a spiegarmela,
non la temo! Dal canto mio, io posso insegnare a Rashid i miei Esercizi di
Fantasia: “Immagina… che faresti se tu fossi un fiore? Oppure un filo d’erba?”,
e così lo spingo ad inventare delle storie che possono rivelarsi… davvero
veritiere!
L’altro giorno ho approfittato della ricreazione, durante la quale Rashid stava
schiacciando un pisolino, e l’ho trasformato in un… cardellino! Ha sbattuto le ali,
incredulo, e poi si è messo a volare per tutta l’aula… finchè non gli ho aperto
la finestra e lui non si è librato, finalmente libero, nel cielo.
Ha svolazzato sugli alberi del parco vicino, poi, spaventato dal traffico
cittadino, è rientrato in aula, posandosi sulla mia spalla. E poi… Puff! È
tornato ad essere sè stesso.
“Pazzesco!”, mi ha urlato, “Ho fatto un sogno incredibile!”. “E allora tu
perché non provi a scriverlo?”.
Lo ha fatto e… con quel tema libero, “Cosa farei se potessi volare”, ha preso
il più bel voto della classe!
Capitolo 4
Glauca, la mia amica pennuta!
Questa notte è stata da tregenda. Tuoni, fulmini, vento forte... La mattina
dopo tutti i giardini del colle su cui abito erano ricoperti di rami caduti.
Tagliando per i giardini per far prima a raggiungere la scuola, ho sentito uno
strano verso provenire da un grosso ramo a terra: “Huuuh, huuuh....”.
Mi sono avvicinata, ho scostato delicatamente gli aghi di pino e... quale è
stata la mia meraviglia nel trovare una giovane civetta, dolorante per un'ala
spezzata!
“Povera piccola! - le ho detto comunicando telepaticamente col suo pensiero –
Sei stata sbattuta fuori dal nido dal ventaccio di ieri notte, e cadendo ti sei
fatta davvero male!”.
“Huh-huh, huh -huh!” Annuì la bestiolina.
“Ma, se tu me lo permetti, mi prenderò io cura di te, e ti darò un nome....
Glauca! Ti piace?”.
Con uno sbatter di ciglia, la civetta annuì.
Strinsi dunque delicatamente fra le mani Glauca, come si stringe una colomba
che stia per spiccare il volo, e mi concentrai mentalmente sulla struttura
delle sue ali, sulle sue ossa, sui suoi muscoli, sul suo tessuto connettivo,
sulle sue piume, visualizzando dentro di me l'ala destra perfettamente integra.
E... Puff! Glauca era nuovamente pronta a spiccare il volo!
Svolazzò su di me, in cerchio, un paio di volte; si mangiò un coleottero al
volo (buon segno! Le era tornato l'appetito!) e poi, dopo avermi fatto
l'occhiolino, se ne volò via...
Ma ormai eravamo diventate amiche: quella sera, dall'olmo vicino casa mia,
sentii provenire il suo inconfondibile “Huh – huh! Huh- huh!”.
La notturna civetta Glauca dagli occhi gialli come fanali, sacra alla dea
Atena, era diventata mia fedele vicina di casa... Con lei accanto, anche la
notte era meno buia!
Facciamo Educazione Fisica?
Oggi alla prima ora avevamo Educazione Fisica.
Ottima occasione per sfoggiare la mia tuta grigia e rosa dalle alette
romantiche e svolazzanti proprio all'attaccatura delle spalle...
Abbiamo cominciato con dei giri di corsa, nella
nostra grande aula di ginnastica dai soffitti immensi, e poi ci siamo cimentati
con l'arrampicata: corda e pertica.
Inutile dire che, tanto sono imbranata con l'una,
tanto sono agile con l'altra: sulla pertica salgo come una vera scimmia... o un
provetto marinaio!
La corda, invece, mi riesce sfuggente, inaffidabile:
ondeggio qua e là senza andare né su né giù...
Tra me e Isotta, non si sa chi sia la peggio!
Isotta è una ragazzina paffuta, capace di passare
dall'introversione all'essere ridanciana in un batter d'occhio. Non la vedi mai
in gonna: porta sempre jeans, polo celeste e gilet blu, oppure una tuta da
ginnastica blu con le bande laterali rosse...
È mora e riccia riccia, e quando sorride è davvero
contagiosa! Fa temi molto profondi, con idee più mature dei suoi tredici anni,
ed ha un debole per la Storia ed Educazione Civica, materia che invece tutti
gli altri snobbano.
Ci tiene a dire: “Tutti noi siamo uguali!”, come se lei si sentisse diversa per qualche
motivo...
Insomma, ci trovavamo tutte e due impelagate al fondo
della corda, quando Lyn, quello scricciolino,
ci suggerì un trucchetto per salire agevolmente: “Dovete stringere bene
i piedi imprigionandovi in mezzo la corda e poi fare presa saldamente con le
mani, tirandovi su, sempre più su!”.
Isotta e io ci siamo guardate negli occhi facendoci
l'occhiolino, abbiamo preso un bel respiro e... Be’, eravamo senza fiato, alla
fine, ma toccare l'altissimo soffitto è stata davvero una soddisfazione
impagabile!
Vi è mai capitato di avere una compagna di classe
bellissima, che riesce bene in tutto, e che per di più ha uno stuolo di
ammiratori adoranti?
Be’, è quello che è successo a me con Barbara, la
“divina” Barbara, la regina della classe. Brillante nei temi, brava in
Matematica e Scienze, campionessa regionale di nuoto... e con un modo di fare
capace di stregare chiunque.
Anch'io, all'inizio, provavo una sincera ammirazione
per lei: quei lunghi capelli biondi, quel sorriso smagliante, quel fascino
innegabile...
Le scrivevo lettere e bigliettini colmi di amicizia.
E, dal canto suo, credevo che Barbara ricambiasse con lealtà i miei sentimenti:
anche lei mi scriveva bigliettini accattivanti e mi faceva regalini, piccoli
oggetti di cancelleria decorati con disegni di Sarah Key o dei Little Twin
Stars, che io conservavo come tesori.
Ma... che doccia fredda fu per me scoprire
all'improvviso come stessero davvero le cose!
Era ricreazione, e stavo ancora chiusa nella
toilette, quando ho udito distintamente la voce di Barbara dire a Cinzia, una
nostra compagna: “Che sciocca, quella Noa! Crede sinceramente che io mi sia
affezionata a lei! Non sa che matte risate mi faccio leggendo le sue lettere
sdolcinate...
È come avere un cagnolino scodinzolante, quasi come
il mio fedele Mario... che ne sarebbe di me se lui non mi sbrigasse tutti i
compiti?”
Avevo ascoltato quelle parole rivelatorie tutta
tremante. In quel momento non ci vidi più dalla rabbia: uscii fuori dal bagno
sbattendo la porta e, puntandole il dito contro, sbraitai: “Tu!!! Tu, infida serpe!!
Puoi ingannare tutti coi tuoi modi da santarellina, farti beffe di chi ti offre
un'amicizia sincera, usare gli altri come tuoi schiavi, ma sarai sempre e
soltanto una persona sola, perchè non si può mentire anche a sé stessi!”.
Barbara sbiancò in viso e rimase esterrefatta,
incapace di proferir parola.
L'avevo davvero punta sul vivo...
Uno spettacolo mozzafiato
Vi avevo detto che una volta al mese la nostra
scuola dedica una settimana alle Libere Attività? Io mi sono innamorata del teatro
della nostra scuola al primo sguardo: capiente, dal sipario in velluto un po'
frusto, con i riflettori colorati... inutile dire che salirci, acquattarmi
dietro le quinte e desiderare di andare alla ribalta è stato tutt'uno!
Mi sono così iscritta a Teatro: la professoressa che
ci insegna Recitazione, Erminia, è un'insegnante di sostegno prossima alla
pensione ma che ha tanto entusiasmo e passione da coinvolgere chiunque! Anche
Rashid si è iscritto al corso, ed estroverso com'è non c'è da dubitare che riscuoterà
applausi.
Il testo che porteremo in scena a fine anno è tratto
da un bellissimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo:
inutile dire che mi sono gettata a capofitto nella lettura, e che ho reperito
subito il film che ne è stato tratto.
Il ruolo che mi è stato assegnato è quello della
figlia del Principe di Salina, Concetta, e la mia scena clou è una
scenata di gelosia nei confronti
dell'affascinante Tancredi, mio cugino, che invece spasima per la bella
Angelica: arrivo a gettare a terra con disprezzo il mio bouquet di
fiori!
“Ah Tancredi, Tancredi... abbandonarmi per quella
Angelica! Ma non ti darò la soddisfazione di vedermi in lacrime!” , grido, come
da copione.
Ma una soddisfazione per me c'è... perché nella
scena del ballo (ebbene sì! Un vero valzer con tanto di costumi ottocenteschi
con cerchi e crinoline) il mio pretendente, il Conte Cavriaghi, ottiene l'onore
di danzare con me...
Provate a indovinare quale moretto ricciolino lo
interpreta!
Questa settimana i professori sono stati clementi,
e, contrariamente al solito, non mi ritrovo la domenica pomeriggio carica di
compiti per il giorno dopo... Quale
occasione migliore per inforcare la mia bici e fare un giro nel verde?
La mia meta è una grande villa a forma di cuore nel
centro della città, con un bel museo, un laghetto, un teatro estivo e... uno
zoo! Mi piace vedere gli animali (anche se li preferisco nel loro habitat
naturale), starli ad osservare nei loro comportamenti e comunicare telepaticamente
con loro.
Mentre passeggio all'ombra degli alberi, colgo
brandelli di conversazione fra i custodi: “Non ci voleva! Era l'unico esemplare
femmina!” “E ora il maschio di ornitorinco potrebbe lasciarsi morire dal
dolore...”.
Capisco che è successo qualcosa di brutto, e mi
avvicino alla vasca degli ornitorinchi, quei buffi mammiferi dal muso di papera
che depongono le uova, unici nella loro famiglia e nel loro genere: vedo un
esemplare che nuota in circolo nella vasca, e non risponde ai miei contatti telepatici...
In un lampo, decido di trasformarmi: mi concentro
sulla struttura corporea dell'ornitorinco, sul suo becco, sul suo rostro
velenoso (solo nei maschi però) e... Puff! Mi ritrovo d'un tratto nella vasca a
nuotare anch'io.
“Come stai? Posso esserti d'aiuto?” gli chiedo. “E
come potresti?” Mi risponde rancoroso. “La mia compagna non c'è più, sono
lontano da casa mia, e non potrò più avere una discendenza... Tu come ti
sentiresti al posto mio?”, sbraita.
Mi sento impotente. Non riesco a consolare il suo
dolore... Mi aggiro nuotando torno torno al recinto, annaspando in cerca di una
soluzione ai guai del mio amico monotremata. Improvvisamente, nascosto da un
ramo caduto... scorgo un nido! Tre grosse uova ben coperte dalle foglie!
Grido all'ornitorinco tutta la mia felicità: “Non
sarai più solo! La tua compagna è diventata mamma prima di lasciarti... il
personale dello zoo custodirà le tue uova fino alla schiusa e allatterà i tuoi
cuccioli!”.
L'ornitorinco mi guarda, incredulo. Nei suoi occhi
scorgo una lacrima di felicità.
Ritorno alle mie sembianze di sempre, e avverto
della mia scoperta la biologa di turno: sì, mi dice, sono già riusciti a far
nascere degli animali in cattività...
Sono commossa. Ritornerò presto a vedere la
cucciolata di cui mi sento un po'... la madrina!
Io sono onnivora: mi piace qualsiasi genere
musicale, da quella leggera, alla musica pop, dance, world music, fino alla
classica. È grazie alla nostra insegnante di Educazione Musicale, secondo la
quale non si può studiare Storia della Musica prescindendo dall'ascolto, che in
classe ci siamo accostati alle opere di Mozart, Beethoven, Puccini, Tchaikovsky... adoro il Lago dei Cigni, lo
riascolterei mille volte!
Quando procediamo all'ascolto guidato, Bruna, la
nostra insegnante, è completamente assorta: dal primo banco posso notare gli
occhi socchiusi, le narici frementi... I maschiacci delle ultime file si fanno
gioco di lei, ma io ammiro la sua passione sconfinata.
Ma non facciamo solo ascolto, ci cimentiamo anche in
uno strumento: il flauto. Lyn è particolarmente portata, e sa produrre suoni
meravigliosi, mentre io, per quanto mi eserciti, sembra che suoni un fischietto
sfiatato... meno male che i suoni che produco non arrivano ai vicini, grazie all'isolamento
perfetto che ho creato!
Non capisco perché, ma non riesco proprio ad andare
d’accordo con la professoressa di Italiano.
Per quanto mi piaccia la sua materia, per quanto impegno metta nello
studio, ha sempre una parola scortese: “Noa non mettere troppa enfasi!” , “Noa
non abusare dei punti esclamativi!”, addirittura “Noa! I tuoi temi sono solo
retorica!”.
A quest’ultima affermazione io mi sono sentita
tagliare le ali. Io metto tutta me stessa in quel che scrivo, e mi piace usare
le espressioni complicate e le parole difficili che trovo nei libri che leggo,
ma da questo a dire che non c’è un briciolo di verità in quel che scrivo… Mi
pare francamente troppo.
Me ne stavo sconsolata nei bagni a rimuginare, coi polsi
sotto il getto dell’acqua ghiacciata per calmarmi un po’, quando mi si è
avvicinata Lyn che con voce dolce mi ha sussurrato: “Non prendertela… quando la
professoressa Olivia ti rimprovera a me sembra che ce l’abbia anzitutto con sé
stessa. Come se in te vedesse qualcosa
che a lei non è stato dato esprimere, ed essere appieno, e a sua volta lo
perseguitasse in te…”.
“Davvero?”, dissi sgranando gli occhi”. “Si. Mia
nonna mi raccontava che il suo grande talento per la musica non era
incoraggiato ma ostacolato, perché metteva in ombra la sua stessa insegnante…
Per cui sorridi, perché vali più di lei!”.
Abbracciai Lyn stretta stretta… mi aveva ridato
fiducia in me stessa e nelle mie capacità!|
Un'insegnante davvero speciale
Voglio davvero bene alla nostra insegnante di
Matematica e Scienze, Marina. molto
dolce e sensibile, e sa spiegare ogni cosa, anche la più difficile, con estrema
chiarezza. Non a caso ho scritto sulla seconda di copertina del mio quaderno a
quadretti “Matematica, mi sei simpatica!”.
Quando Marina spiega un argomento di Scienze, poi ci
dà da fare a casa un compito speciale: “Ripensa e rifletti”. Praticamente, è
come se dovessimo fare una sintesi, con tanto di illustrazioni, dell'argomento
trattato, per preparare una lezione a nostra volta: e dopo aver sintetizzato i
concetti salienti, poi è molto più facile rispondere alle interrogazioni...
La cosa buffa è che con Marina, a ricreazione,
facciamo scambio di figurine: dal momento che ha due figlie all'incirca della
mia età, è facile che loro facciano le mie stesse collezioni... e così in
classe riecheggia “Mima, mima... celo, celo!” , come sono solita abbreviare io l’eterno ritornello “Mi manca, ce l’ho”!
Isotta è timorosa di tutto. Alle interrogazioni,
anche se ha studiato, non riesce a esprimersi, balbetta; si impegna tanto ma il
suo rendimento non è quello che ci si aspetterebbe da lei. Le sue penne, tutte,
finiscono col perdere inchiostro, e sui suoi quaderni si allargano macchie come
grosse lacrime... Lei, che è così sensibile, ci soffre.
Oggi, approfittando di due ore di buco, fra un
acquerello e l'altro (ci hanno “parcheggiati” in aula di Educazione Artistica),
le ho parlato un po': “Forse non lo sai, cara Isotta, ma le nostre idee, tutte,
hanno una forma! E se i nostri pensieri sono dritti e determinati, raggiungono
lo scopo, come frecce scoccate dall'arco, mentre se sono confusi si
attorcigliano su sé stessi e ci impediscono di raggiungere gli altri: finiamo
con l'essere chiusi in una gabbia che noi stessi abbiamo costruito!”.
“Ma tu non sai quante volte io mi ci senta davvero,
come in una gabbia! I miei genitori si aspettano moltissimo da me e io li
deludo sempre... Sono tutta sbagliata!” mi ha risposto Isotta, con voce rotta
dalla commozione.
Allora ho fatto una magia: le ho chiuso gli occhi e,
ponendole una mano sulla fronte, le ho fatto visualizzare come sarebbe stata di
là a qualche anno, alta e slanciata, giovane docente di Antropologia, con i
colleghi a complimentarsi per le sue ricerche sul campo e gli studenti
entusiasti per la chiarezza dei suoi testi.
“Questa sei tu”, le ho sussurrato, mentre ancora era
in trance, “questo è l'obiettivo che puoi raggiungere, se dirigi la tua
volontà... Non è vero che sei sbagliata, sei tu la padrona del tuo destino!”.
A un battere di mani, Isotta è tornata presente, ha
completato il suo acquerello (senza stingere i colori) e lo ha consegnato al
professore, con un luccichio diverso negli occhi.
Il giorno dopo, alle interrogazioni, la sua voce era
ferma e sicura: le sue idee davvero avevano assunto la forma di tante frecce
appuntite, pronte a raggiungere l'obiettivo!
Oggi Erminia, prima del mio arrivo, ha comunicato ai
miei compagni di classe che è accaduto un episodio davvero grave. Qualcuno si è
introdotto in sala professori, ha forzato l’armadietto dei registri e ha
sottratto dei temi e delle tavole di disegno, poi ha aperto la finestra (la
nostra scuola è al quarto piano di un antico palazzo ottocentesco) e li ha gettati
via, facendo sì che si sparpagliassero nella strada. E secondo voi, di chi
erano quei temi e quei disegni? Lyn me l’ha confessato, un po’ esitante: i
miei.
Chi poteva aver fatto un gesto tanto gretto e tanto
meschino? Un indiziato c’era – e voi sapete bene chi – ma non avevo nessuna
prova per accusare lei, Barbara, la mia Nemesi.
Io avevo faticato sulle mie tavole, avevo messo
tutta me stessa nei miei temi, ed ora erano chissà dove, ridotti in coriandoli…
Decisi di affrontare Barbara a viso aperto.
Aspettai che finissero le lezioni, e che rimanessimo
solo noi due, per parlarle: “Barbara –
le dissi – non posso giurare che sia stata tu, o che ti sia servita dei
tuoi schiavetti per farlo, ma se l’idea di quel che è successo è partita da te,
cosa credi di aver dimostrato? Di essere la migliore distruggendo i termini di
confronto con gli altri?
Tu vuoi essere la prima in tutto, ma un leader è il
primo a tendere la mano agli altri, non ad annichilirli!”.
Barbara raggelò in viso. Mi rispose, gelida: “Che
vuoi saperne, tu, degli altri? Tu che hai un eterno sorriso stampato sulla
faccia, che ne sai tu della rabbia e del dolore? Non ne so nulla dei tuoi temi,
ma se vuoi saperlo, non mi dispiace affatto quel che ti è successo!”, e
sbattendo i libri sul banco, se ne andò.
Mi sentii svuotata. Non odiavo Barbara. Sentivo che, dietro le
apparenze smaglianti, era una persona estremamente sola, amareggiata e ferita.
E così, senza che neanche me ne rendessi conto, sono
arrivata al mese di Giugno... il mese in cui si sgobba, si preparano le tesine
finali, le tavole di disegno (compito che ho affrontato con grande passione) e
in cui si sta sui libri fino a tardi... A studiare, si, ma anche a divorare i Racconti
del Terrore di Edgar Allan Poe, autore che ho scoperto proprio ora e da cui
non riesco a staccarmi!
Con fatica da amanuense ho vergato, illustrato e
rilegato le tesine su ogni materia... La mattina dell'esame alle sei sono già
un grillo, faccio una sostanziosa colazione e mi dirigo a passo svelto verso
scuola...
Sono a posto con la mia coscienza, consapevole d'aver studiato tutto
l'anno e che solo l'emozione può giocarmi un brutto tiro.
Prendo un lungo
respiro... l'esaminatore mi fa la prima domanda: argomento a piacere. Vai con
la genetica, gli esperimenti di Mendel (quanto mi sono divertita ad illustrare
gli incroci fra i fiori dei piselli!), poi Geografia, l'Isola di Taiwan,
Storia, i moti garibaldini... Uno, due, dieci minuti, perdo il senso del tempo,
l'interrogazione è finita. Il responso? “Ottimo”...
Il mio anno sulla terra si conclude, il mio
apprendistato come essere umano può finire. Saluto Rashid, Lyn, Isotta, persino
Barbara con più calore del solito... Tanto, grazie alla mia magia, domani non
si ricorderanno più di me.
Torno alla mia casa a forma di cappello da strega,
riguardo l'orso, la scrivania, le finestre a cuore, la pertica, e a mano a mano
che il mio sguardo si posa su di essi, gli oggetti si dissolvono.
Guardo la mia stessa mano, che a poco a poco diviene
trasparente, fino a che io stessa scompaio, divenendo un fascio di energia.
“Ciao Terra! Come sono stata bene, su di te! Ciao
amici! Iperuranio, sto ritornando...”
Ed in uno scintillio di luce sparisco tra le stelle.